IL GIARDINO, LA CADUTA, IL SERPENTE. METAFISICA DEL GENESI
Gli “eventi” legati al racconto biblico dell’Eden sono tra quelli maggiormente incompresi dalla mentalità moderna, la quale, avendo solitamente smarrito la conoscenza della Metafisica, della Cosmologia e del Simbolismo tradizionali, brancola nel buio considerandoli mere “metafore” o perdendosi in interpretazioni bizzarre e peregrine.
Vivamente consigliato a chi, con coraggio e determinazione, “cerca davvero risposte”.
IL GIARDINO, I QUATTRO FIUMI E I
DUE ALBERI
Pur non potendo soffermarci su
tutti i simbolismi legati al racconto di Genesi, ve ne sono alcuni sui quali
vale la pena riflettere in questo contesto, perché utili ad una migliore
comprensione del tema che stiamo trattando.
Il primo di questi simboli è quello stesso del Paradiso visto come
“Giardino”.
Tale simbolismo è già presente
nell’espressione biblica gan b‘êḏen, "giardino in Eden" (גן־בעדן) e,
secondo alcuni studiosi, nel termine stesso Eden, che conterrebbe la radice
semitica *dn (lussureggiante, gradevole)1.
Il greco biblico traduce Eden con il termine παράδεισος (parádeisos),
che a sua volta è un prestito dal persiano pairidaēza, termine che
letteralmente indicava i “recinti” entro cui erano allestiti gli splendidi giardini
regali del Medio Oriente antico, ma che entra presto nel linguaggio di libri
sacri come l'Avestā proprio per indicare le dimore beate destinate agli eletti
che avranno ben vissuto la loro vita terrena.
L’immagine del Paradiso perduto
(analogo al Paradiso che deve essere ritrovato) come luogo di un “giardino”
rimanda immediatamente alla natura primigenia ma non ostile della “creazione
primordiale”, dove tutti gli elementi del mondo, non ancora decaduti nel tempo,
coesistono armoniosamente come in un pacifico orto.
Dal Giardino dell’Eden si
dipartono Quattro Fiumi che rappresentano chiaramente, in una certa
prospettiva, i quattro elementi fondamentali di cui è costituita la materia
prima e da cui tutti gli altri originano: Terra, Acqua, Aria e Fuoco; elementi
che non vanno tuttavia considerati «quali sostanze corporee o chimiche nel
senso che oggi diamo a questo termine. I quattro elementi sono semplicemente le
qualità elementari più generali». 2
Più complesso e determinante è il
simbolismo dei due alberi dell’Eden: l’albero della vita e l’albero della
conoscenza del bene e del male che sarà, come sappiamo, al centro della vicenda
legata alla “caduta” della coppia primordiale. Questi due alberi, infatti,
sembrano in qualche modo connessi l’un con l’altro. Nel racconto biblico, in
effetti, si parla di un Albero della Vita che è piantato nel mezzo del Giardino
e che può dare l’immortalità; ma si parla anche di un altro albero, quello
della Conoscenza del Bene e del Male, che è posto anch’esso «in mezzo al
giardino e di cui Dio ha detto: non ne mangiate e non lo toccate, che non
abbiate a morire». 3
Il collegamento fra questi due simbolici “alberi” è, in effetti, abbastanza curioso, perché uno di essi dona l’immortalità, mentre l’altro conduce alla morte, eppure ambedue sembrano porsi al centro del Giardino. In realtà, tale immagine è comprensibile proprio alla luce del simbolismo della Croce, dove l’Albero della Vita corrisponde alla metà superiore dell’asse verticale che indica l’accesso agli stati superiori dell’essere, attraverso i quali si consegue la vera Immortalità; mentre l’albero della Conoscenza del Bene e del Male, come dice il nome stesso, indica lo sprofondamento dell’essere nella dualità e nella divisione, in cui si perde la pienezza dell’Unità originaria. Il peccato, la caduta e quindi la morte subentrano, infatti, all’atto di scegliere la dualità al posto dell’Unità, ma è questo un aspetto che merita di essere spiegato in maniera più approfondita
LA CADUTA, OVVERO LA “DUALITA’”
Rimane tuttavia da spiegare meglio
in cosa consista esattamente questa “caduta” e quali ne siano le cause. Riprendendo il simbolismo dei Due Alberi
presenti nel Giardino, si può comprendere che essi simboleggiano la “scelta”
fra l’Unità e la Dualità: fra la possibilità della perfetta comunione con Dio,
che presuppone anche una conoscenza perfettamente unica e integrata del Reale,
e la dualità, ovvero la “separazione” dall’Uno e l’identificazione dell’essere
con il divenire e con l’illusione della molteplicità.
Chi vede Dio in tutte le Sue
manifestazioni, infatti, vede anche ogni cosa in Lui e per un tale essere la
realtà non è che una teofania o manifestazione della Divinità, dove non
esistono contraddizioni e dove non esiste nemmeno il “tempo”, perché tutto è
percepito immediatamente nell’Uno. Ma se l’illusione della separatezza
subentra, l’essere non percepisce più la realtà in Dio e se ne allontana,
identificandosi così col proprio “ego” e con la propria pretesa di
“autosufficienza”.
Da questo punto di vista, «si può
dire che la natura dell’Albero della Conoscenza del bene e del male è
caratterizzata dalla dualità, come suggerisce la sua denominazione, perché vi
troviamo due termini che sono, neppure complementari, ma addirittura opposti
(…); non altrettanto può dirsi dell’Albero della Vita, la cui funzione di Asse
del Mondo implica invece essenzialmente l’unità». 4
La conseguenza dell’identificazione con la dualità e con il divenire, peraltro, è anche l’identificarsi dell’essere con le sue sole possibilità inferiori: l’Uomo Vero, in tal modo, diventa quell’uomo frammentario, parziale e materializzato, che è l’uomo terrestre.
ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL
SIMBOLISMO DEL SERPENTE
Nella vicenda della “caduta”
compare, come è noto, anche la figura del “serpente” tentatore.
L’identificazione di questo “serpente” con le forze letteralmente diaboliche
che spingono l’uomo a spezzare l’Unità e ad identificarsi solo con ciò che è
inferiore è piuttosto antica ed è fatta propria, tra l’altro, dalla stessa
Apocalisse di Giovanni.5
D’altronde, è proprio della natura
“diabolica” (sotto qualunque forma o accezione la si voglia intendere) quello
di “divedere” (e lo stesso termine diavolo, come è noto, deriva dal greco
dià-ballein, “dividere”). Più
interessante ancora, tuttavia, è cercare di capire per quale motivo proprio il
serpente sia stato scelto come simbolo per indicare il “tentatore” che induce
Adamo alla caduta, essendo il simbolo del serpente (come del resto tutti i
simbolismi) qualcosa di ambivalente e non necessariamente identificabile solo
con un aspetto “malefico”. 6
Quello del serpente, infatti, è un
simbolismo presente – nella sua curiosa ambiguità - in molte culture oltre a
quella biblica: nella tradizione indù, ad esempio, «il serpente Shesha o Ananta
(…) è arrotolato attorno al Meru (la montagna che rappresenta l’asse e il
centro del mondo, n.d.a.) ed è tirato in direzioni opposte dai Deva e dagli
Asura».7
Nell’induismo, i Deva
rappresentano solitamente quegli stati dell’essere che le tradizioni
occidentali chiamano angeli, mentre gli Asura (una possibile etimologia fa
risalire il termine all’espressione a-sura, “non luminoso”) sono anche
identificabili coi “demòni” delle religioni occidentali, per cui il simbolismo
delle “spire” del serpente rappresenta, in ultima analisi, una spirale che da
una parte conduce l’essere verso i Cieli e gli stati superiori e dall’altra,
come in un vortice, lo risucchia invece verso gli stati inferiori o addirittura
infernali della realtà.
Seguire il serpente e le sue spire significa quindi, almeno nella prospettiva del racconto di Genesi, perdere di vista le realtà superiori e incatenarsi alla molteplicità e alle realtà inferiori, al divenire visto come mutevolezza, perdita del Centro e sprofondamento nel vortice inarrestabile che conduce alla dissoluzione e alla morte.
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1)
1) Genesi 2, 19-20. 51 T. Arnold, Genesis, Cambridge University Press, 2008, p. 58.
2) 2) T. Burkhardt, Alchimia, op. cit., p. 55.
Inoltre, da questo punto di vista, se i “fiumi” rappresentano i quattro
elementi (o meglio “qualità”) di cui è costituito il mondo delle forme, l’Eden
stesso rappresenta, in qualche modo, l’etere, ovvero la quintessenza di tutti
gli elementi o “l’elemento primo”.
3) 3) Genesi 3, 3
4) 4) R. Guénon, Il simbolismo della croce, op. cit.,
p. 70.
5) 5) «Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato
diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato
sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli» (Apocalisse, 12, 9).
6) 6) Tra le applicazioni “benefiche” del simbolismo
del serpente ricordiamo il “serpente di bronzo” che salva gli Ebrei nel deserto
(Libro dei Numeri, cap. 21), episodio che Cristo stesso riferirà a se stesso:
«E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio
dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia
la vita eterna» (Giovanni 3:14-15).
7) 7) R. Guénon, Il simbolismo della croce, op. cit.,
p. 144.


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