LA DOTTRINA INDU' DEI CICLI COSMICi A PARTIRE DAI TESTI ORIGINARI (di Mario Polia)
(Dal: G.Marletta-M.Polia, APOCALISSI. LA FINE DEI TEMPI NELLE RELIGIONI, Ed. SugarCo)
Età del mondo e decadenza spirituale ed etica nel Bhāgavata Purāņa e nel Vişņu Purāņa
Le citazioni che seguono, permetteranno un corretto intendimento delle relazioni esistenti, nella filosofia religiosa indiana, fra degradazione spirituale ed etica e decadimento del mondo. I passi citati sono tratti dai libri sacri dei Purāņa, contenenti miti relativi alla creazione e alla fine del mondo, oltre a quelli che narrano le discese celesti (avatāra) dei vari dèi del pantheon indù e, in specie, degli avatāra di Vişņu. Per il loro contenuto, meno dottrinario e “tecnico” di quello dei Veda, e per il fascino esercitato dalle narrazioni, i Purāņa esercitarono un potente influsso, specie sulle componenti dell’India meno dedite allo studio dei testi religiosi. I testi “classici” in cui è esposta più compiutamente la tematica esposta nel titolo del paragrafo, sono il Bhāgavata Purāņa e il Vişņu Purāņa.[1]
I testi del Bhāgavata Purāņa.
Passi tratti dal libro XI, capitolo V: “Descrizione dei frutti dell’empietà” (trad. E. Burnouf. Abbiamo normalizzato la grafia dei termini sanscriti):
«20. Keśava[2] è
onorato durante le età Kŗta, Trēta, Dvāpara e Kali con colori, nomi, forme
molteplici e in vari modi.
21. Nel Kŗta
(yuga) è bianco, ha quattro braccia; i suoi capelli sono intrecciati, è vestito
di scorza e da una pelle d’antilope nera, cinge il cordone dei bramini (...)
porta un bordone e una scodella». Gli attributi del dio, nell’età dell’oro
indù, corrispondono a quelli dei sacerdoti e degli asceti, condizione
predominante nella prima età dell’umanità.
«22. Gli
uomini sono tranquilli, ignorano il rancore, affettuosi, (d’umore) inalterato,
onorano Dio con la loro ascesi, la loro tranquillità (d’animo) e tenendo a
freno (le loro passioni).
23. (Dio) è
celebrato coi nomi di Hamsa, Suparņa,
Vàikuņtha, Dharma, il signore dello Yoga, Īśvara, Manu, Puruşa, l’Indistinto,
l’Anima Suprema.
24. Nell’età
Trēta, è rosso, ha quattro braccia e tre
cinture; i suoi capelli sono d’oro, egli
è l’essenza del triplice (Veda), porta come insegna il grande e il
piccolo mestolo per i sacrifici.
25. Hari, il
Dio formato da tutti gli dèi, è adorato dagli uomini più fedeli al proprio
dovere e versati nella triplice scienza dei Veda».
«27. Nel
Dvāpara (yuga) Bhagavat è di colore oscuro, è vestito di giallo, munito delle
sue armi, ornato dello śrīvatsa e
dagli altri attributi e insegne a lui proprie.
28. Allora i
mortali desiderosi di conoscere l’Essere supremo (...) onorano, per mezzo dei
Veda e dei Tantra, il Puruşa rivestito delle sue insegne regali...».
30. «A
Nārayāna, al Ŗşi, al Puruşa, alla Grande Anima, al Signore dell’Universo, a
colui che è lo (stesso) Universo e l’Anima di tutti gli esseri, rendiamo
omaggio» (Bhāgavata Purāņa 1840-1898:
247-248).
Durante il
Kali yuga, l’adorazione viene tributata a Krishna, «colui che è nero, ma che,
grazie al suo splendore, non è tenebroso» (32), soprattutto mediante la parola
di lode e i canti sacri.
«35. Ecco
(...) come con un nome e una forma adatta a (ciascuna) età, Bhagavat è adorato
dagli uomini di ogni età, lui, Hari, il signore dei beni.
36. Le anime
elette che conoscono le virtù (dell’età Kali) e che di esse si nutrono, onorano
questa età poiché in essa è sufficiente celebrare (le lodi a Krishna) per
ottenere (il soddisfacimento) di ogni proprio desiderio». Durante il Kali yuga, dato lo stato di
offuscamento della mente umana, chiusa alla conoscenza delle cose divine, per
ottenere la salvezza dal ciclo delle rinascite sarà sufficiente celebrare le
lodi a Krishna, in altre parole, sarà sufficiente seguire
Dal libro XII,
capitolo II: “Descrizione dei mali dell’età Kali” (trad. E. Burnouf):
«1. Di giorno
in giorno, per il potere del tempo, deperiranno (...) il Dovere,
2. Nell’età
Kali, presso gli uomini, la ricchezza prenderà vantaggiosamente il posto della
nobiltà dei natali, della virtù, del merito; diritto e norma saranno
determinati dalla forza.
3. Nel
matrimonio, si cercherà unicamente il piacere; negli affari la scaltrezza; nel
sesso maschile e femminile, la voluttà; nel bramino, il cordone.
4. Solo i
segni esteriori distingueranno l’appartenenza alla casta e permetteranno di
passare dall’una all’altra; se si sarà poveri, il giusto diritto non avrà forza
alcuna; la verbosità prenderà il posto della conoscenza.
5. Basterà
esser povero per essere cattivo; ipocrita per essere virtuoso; coabitare per
essere sposi; il bagno diverrà solo una norma igienica (non un rito sacro).
6. Uno stagno
remoto sarà solo (per questo) considerato acqua santificante; la bellezza
(consisterà) nell’acconciatura dei capelli; lo scopo di ognuno sarà riempirsi
il ventre; l’insolenza prenderà il posto della lealtà.
7. (...) si
adempirà alla legge solo in vista d’un’effimera gloria.
8. Sulla
distesa della terra, che pullulerà di gente perversa, chi tra i Brāhmaņa, gli
Kşatriya, i Vaiśya o i Śūdra sarà il più forte, quegli diverrà re.
9. I sudditi
di questi sovrani cupidi, spietati, non essendovi altra legge che il
brigantaggio, vedendosi privati delle loro donne e dei loro beni, si
rifugeranno tra le montagne e nelle foreste,
10. Nutrendosi
d’erbe, di radici, carne, miele, frutta, fiori e grani; per mancanza di piogge,
periranno per le carestie, sfiniti dalle tasse, dal freddo, dal vento, dal
calore, dagli acquazzoni, dalla neve, (si distruggeranno) gli uni con gli
altri».
«12. I corpi
degli esseri viventi deperiranno a causa dei crimini del Kaliyuga; gli uomini
appartenenti alle caste e agli ordini non conosceranno più il cammino del
dovere tracciato dai Veda.
13. La legge
degli eretici prevarrà; i re si comporteranno come briganti; gli uomini si
dedicheranno a rubare, a mentire, ad inutili assassini e ad ogni sorta di
pratiche (scellerate).
14. Le caste
somiglieranno tutte a quelle degli Śūdra; le vacche saranno simili a capre; le
dimore degli eremiti (somiglieranno) alle case; i parenti saranno soltanto
degli alleati.
15. Le piante
saranno simili ad atomi; i grandi alberi a piante di legumi (çamis); le nuvole a lampi, le case a
deserti.
16. Proprio
allora, quando l’età Kali, così dura per gli uomini, sarà sul punto di finire,
Bhagavat, assunta la (forma della) Bontà, scenderà sulla terra per proteggere
la legge...» (Bhāgavata Purāņa
1840-1898: 403-404).
Passi tratti
dal libro XII, capitolo III: “Le lodi a Hari, mezzo efficace per cancellare i
mali dell’età Kali” (trad. E. Burnouf):
«18. Nella
(età) Kŗta, il Dovere (Dharma) cammina su quattro piedi; gli uomini di questa
(età) l’onorano. I piedi di questo (toro) possente sono
19. Gli uomini
sono, in genere, contenti, pieni di compassione, di benevolenza, (coi sensi)
pacificati e soggiogati; pazienti, trovano in sé stessi la loro felicità,
vedono tutto coi medesimi occhi, vivendo in tal modo nello śrāmaņa.[3]
20. Nell’età
Trēta, la quarta parte dei piedi del Dharma sparisce poco a poco sotto i piedi
dell’Ingiustizia, che sono
21. Nel corso
di questa età, le caste, prima fra tutte quella dei Brāhmaņa, si dedicano alle
opere (sacrifici, ecc.) e all’ascetismo (digiuno, ecc.); gli uomini non sono né
molto malvagi né molto sensuali; essi sono attaccati al triplice oggetto
(dell’attività umana) e invecchiano (nella pratica) del triplice (Veda).
22. (I quattro
piedi) del Dharma: l’Astinenza,
23. (Durante
questa età) gli uomini appartenenti alle caste, amano la gloria, le abitudini
magnifiche; si compiacciono nello studio dei Veda; sono opulenti e felici padri
di famiglia; Kśatriya e Brāhmaņa sono (sempre) in testa.
24. Durante
l’età Kali, la quarta (ed ultima) parte dei piedi del Dharma diminuisce per
l’accrescimento dei piedi dell’Ingiustizia; alla fine, scompare (del tutto).
25. Durante
questa (età) gli uomini sono cupidi, senza regole, impietosi, gratuitamente ostili,
miserabili, insaziabili; Śūdra e peccatori occupano il vertice delle gerarchie.
26.
27. Quando
l’organo interno, l’intelligenza e i sensi partecipano soprattutto della Bontà,
allora si riconosce l’età Kŗta nella quale ci si compiace della scienza e
dell’austerità.
28. Quando gli
esseri si votano al dovere, all’interesse, al piacere, allora è l’età Trēta in
cui domina
29. Quando
regnano la cupidigia, l’insaziabilità, l’orgoglio, l’impostura, l’invidia, fra
opere mosse dall’interesse, (allora) è l’età Dvāpara in cui (regnano) Passione
e Oscurità.
30. Quando
regnano l’inganno, la menzogna, l’inerzia, il sonno, la malvagità, la
costernazione, il cruccio, la confusione, la paura, la tristezza: ecco l’età
detta Kali che è (esclusivamente) tenebrosa.
31. Durante
questa età, gli uomini hanno la vista corta, sono poveri di risorse, sono
dediti alla gola, libidinosi, indigenti; le donne sono libertine e cattive.
32. Le
campagne sono desolate dai briganti; i Veda corrotti dagli eretici; i popoli,
vessati dai loro re; i Brāhmaņa dediti alla lussuria e alla gola.
33. I giovani
Brāhmaņa non osservano più i loro voti; non praticano la purezza; i capi di
casa diventano mendicanti (invece di dare essi stessi l’elemosina); gli asceti
(lasciano le foreste per) abitare nei villaggi; i (penitenti) che hanno fatto
voto di rinuncia assoluta, sono avidi di ricchezze.
34. Le donne
sono di piccola taglia, ingorde, eccessivamente feconde, senza pudore,
ciarliere senza cessa e prive di grazia,
ladre, scaltre, di grande sfrontatezza.
35. Il
commercio (durante l’età Kali) sarà nelle mani di miserabili mercanti,
mentitori di professione; anche fuori dei casi di necessità, si riterrà lecita
una professione disprezzata.
36. I servi
abbandoneranno i loro padroni, anche se questi fossero i migliori di tutti; i
padroni (abbandoneranno) il servo invecchiato nella loro famiglia, se questi
s’ammala, e anche le vacche che non danno più latte.
37.
Abbandonando padri, fratelli, amici e parenti, dediti alla lussuria ed agli
(illeciti) affetti, miserabili e debosciati, quelli (che vivranno) nell’età
Kali avranno relazioni criminali tra cugini e cugine.
38. Gli Śūdra,
travestiti da asceti, vivranno del loro travestimento, godendo delle offerte;
uomini che conoscono soltanto l’ingiustizia, si faranno interpreti della
giustizia e occuperanno i posti più alti.
39. Con l’anima
in continuo subbuglio; tormentati dalla carestia e il fisco; spaventati per la
continua siccità (gli uomini) s’ammaleranno,
in un paese in cui non ci saranno più raccolti di riso...
40. Senza
vesti, senza nutrimento né acqua, senza un giaciglio, estranei al piacere, ai
bagni, al lusso, la gente dell’età Kali sarà simile ai piśāca.[4]
41. Durante
l’età Kali, per una piccola moneta (kakiņika),
si litigherà con i propri amici e si rinuncerà alla loro amicizia; si
sacrificherà la stessa esistenza, per quanto cara, e ci si ucciderà tra
parenti.
42. Non si
proteggeranno più i vecchi genitori, né i propri figli, qualunque sia la loro
abilità nei diversi generi d’applicazione; nella loro abiezione, gli uomini
saranno dediti alla lussuria e all’intemperanza.
43. Nell’età
Kali (...) il supremo Maestro dei mondi, colui che vede i protettori dei tre
mondi prosternati dinanzi al loto dei suoi piedi, il beato Aśyuta, sarà quasi
sempre privato dell’omaggio della maggior parte degli uomini, la cui
intelligenza sarà corrotta dall’eresia.
44. Egli, il
cui nome pronunciato (anche) incoscientemente sul punto della morte, durante le
malattie, le cadute, gli urti, libera l’uomo dal legame delle azioni compiute, permettendogli
la felicità eterna, non sarà più adorato da nessuno, durante l’età Kali.
45. Le
mancanze commesse dagli uomini durante l’età Kali, riguardanti cose, luoghi o
le loro persone, sono cancellate da Bhagavat, il supremo Puruşa, quand’egli
prende dimora nei loro cuori.
46. Basterà
ascoltare o celebrare le sue lodi, pensare a lui, offrirgli dei segni d’omaggio
o di rispetto, perché il Beato prenda dimora nel loro cuore e cancelli le
impurità contratte dagli uomini durante diecimila esistenze».
«51. L’età
Kali (...) (nonostante sia) un abisso di vizi, possiede un vantaggio unico,
(ma) prezioso: è sufficiente celebrare le lodi di Krishna perché, liberi da
ogni legame, ci si riunisca all’Essere supremo.
52. Ciò che si
ottiene durante l’età Kŗta, meditando su Vişņu, nell’età Trēta, offrendo(gli)
doni e sacrifici ; nell’età Dvāpara, (votandosi) al suo culto; nell’età Kali, lo
si ottiene celebrando le lodi di Hari» (Bhāgavata
Purāņa 1840-1898: 409-413).
Gli uomini dediti principalmente al soddisfacimento dei piaceri, schiavi dei loro desideri, sono descritti come esseri demoniaci (āsura). Tale è il tipo d’uomo prevalente durante l’ultima età: «Dediti a una cura affannosa e smisurata che termina solo con la morte, affermano che il bene supremo consiste nel soddisfacimento dei desideri e sono convinti che questo mondo sia l’unica realtà»; «Avvinti dai mille vincoli del desiderio (kāma), dediti al piacere e all’ira, cercano di ottenere fortuna in modo non conforme alla norma, pur di soddisfare i loro desideri» (Bhagavad Gītā 16, 11-12).
Kalki, ultimo avatāra di Vişņu. Nella tradizione indù, avatāra significa “discesa” della divinità in un corpo umano per una sua modalità di manifestazione nel tempo e nello spazio. Comunemente, “avatāra” è tradotto “incarnazione”: «Si tratta dell’incarnazione del dio nel tempo allo scopo di restaurare l’ordine del cosmo e rivelare la sua natura in modo accessibile all’uomo» (Acharuparambil 1955, 163). Krishna spiega così i propri avatāra: «Quando si produce il declino del dharma e l’affermarsi dell’adharma, allora io manifesto me stesso (come avatāra). Per la protezione dei giusti, per la distruzione dei malvagi, e per dare stabile fondamento al dharma io entro nell’esistenza di età in età» (Bhaghavad Gītā 4, 7-8).
A chiudere il
ciclo del Kali-yuga, sarà l’incarnazione di Vişņu come Kalki-avatāra vendicatore del Dharma.
Kalki si manifesterà come un guerriero montato su un bianco destriero e
stringerà in pugno una spada di fuoco, con la quale punirà tutti coloro che,
essendosi opposti a verità e giustizia e avendo collaborato con le forze del
male, colpevoli della degradazione dell’uomo e della corruzione del mondo, si
sono resi meritevoli della vendetta divina. La venuta di Kalki inaugurerà la
nuova età dell’oro della quale Vişņu, dio del cinghiale bianco, sarà signore e
sovrano. Citiamo dal Bhāgavata Purāņa,
libro XII, cap. II:
«18. Kalki
[Vişņu] apparirà nella casa di un bramino magnanimo (chiamato) Vişņuyaças, capo
del villaggio Chambala.
19. Montando
il cavallo Dēvadatta, velocissimo, nemico dei malvagi; dotato delle otto
facoltà sovrannaturali e delle qualità,
20. Percorrerà
la terra con la massima rapidità del suo destriero, emettendo uno splendore
senza pari e, con la sua spada, ucciderà a milioni di milioni i ladri celati
sotto le insegne della sovranità.
21. Essendo
stati messi a morte tutti i briganti, gli abitanti delle città e dei villaggi
sentiranno il loro cuore riempirsi di gioia al soffio odoroso della brezza,
purificata al massimo grado dalle membra di zafferano di Vāsudēva.
22. Da loro, nascerà
una progenie vigorosa, grazie alla presenza tra di loro del beato Vāsudēva la
cui forma è
23. Quando
s’incarnerà il Beato Kalki, il maestro della legge, Hari, sarà l’età Kŗta; gli
esseri nasceranno allora essenzialmente buoni.
24. Quando
34. Alla fine
della quarta (età, il Kaliyuga), che durerà mille anni divini (senza contare i
due crepuscoli di cento anni ciascuno), tornerà (l’età) Kŗta. Allora l’organo
interno dell’uomo si schiarirà da solo» (Bhāgavata
Purāņa 12, 2; pp. 404-405).
Decadenza umana, fine e rinnovamento del mondo nel Vişņu Purāņa:
un
altro dei testi contenuti nella raccolta dei Purāņa, il Vişņu Purāņa,
raccoglie le predizioni concernenti la conclusione del ciclo e l’inizio del
seguente. Il contenuto è simile a quello del Bhāgavata Purāņa, per cui, un riassunto sarà sufficiente:
fuoricasta, servi e barbari desoleranno il sacro suolo dell’India; sovrani
violenti spoglieranno i loro sudditi; il dharma
decadrà ovunque; possesso materiale, salute e ricerca del piacere saranno i
moventi dell’umanità nell’ultimo scorcio del
ciclo; il rispetto verso i sacerdoti e i maestri spirituali decadrà e ad esso
si sostituirà il disprezzo per le norme religiose e per la tradizione; il
matrimonio cesserà d’essere un rito e tra i sessi prevarrà la legge del piacere;
le donne non rispetteranno più i loro genitori
e i mariti, saranno dissolute e si concederanno a dissoluti; l’empietà prevarrà
ovunque. Ma, proprio quando ogni norma ed ogni rito staranno per essere
abbandonati, Brahmaņ invierà sulla terra un
principe di natura divina, il quale ristabilirà la giustizia tra gli uomini. Le
loro menti, perdendo l’offuscamento che le ottenebrava, saranno destate a una
rinnovata percezione del divino. Da quest’ultima umanità nasceranno coloro che
daranno inizio ad una nuova età beata: un nuovo kŗta-yuga (cfr. Vişņu Purāņa
4, 24; 6, 1).
[1] In quanto ad etimo, purāņa
significa “antico”
[2] Keśava: uno dei nomi
divini di Vişņu-Kŗşņa
[3] śramaņa: lo stato religioso di
monaco, o rinunciante
[4] Il termine piśāca si applicava, in genere, ai
malvagi e impuri divoratori di carne bovina, ma qui ha un senso più generico; lo stesso termine designava una classe di dèmoni
[5] Anche nella tradizione
indù la fine di un ciclo e l’inizio del nuovo coincidono con l’allineamento dei
pianeti in uno dei segni dello Zodiaco (v. anche Platone nel Timeo)

Notevole! Grazie
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