CHI SONO GLI DEI? DIETRO IL VELO DEL POLITEISMO (di Gianluca Marletta)

CHI SONO GLI DEI? DIETRO IL VELO DEL POLITEISMO (di Gianluca Marletta)

 Qual è il senso profondo celato dietro l’esuberante politeismo di alcune tradizioni antiche?

Il politeismo, se inteso in senso non meramente profano e letterale, è davvero incompatibile col monoteismo?

Cosa rappresentano le figure di divinità quali Atena, Hermes e Poseidone?

Chi sono i “demoni”?

 

(Tratto da: G.Marletta-V.Ferranti, ODISSEA. LA STORIA DI TUTTE LE STORIE, Ed. Xpublishing)

-----------------------------------------------------

CHI SONO GLI DEI?

Un aspetto dell’epica arcaica che può lasciare sconcertati è proprio la presenza, in tale tradizione, di un politeismo multiforme ed esuberante, spesso rappresentato con in un linguaggio estremamente colorito e antropomorfico.

Queste perplessità, d’altronde, erano già presenti anche tra le elité culturali del mondo ellenico e romano che tendevano, già prima dell’avvento del Cristianesimo, a rifiutare un politeismo ritenuto in qualche modo rozzo e irrazionale.

Tuttavia, vi è anche una chiave di lettura superiore per intendere “cosa siano gli dei” che non sfuggiva ad alcuni fra gli Antichi. Plinio il Vecchio, che nella sua opera pur definisce causticamente “frutto della debolezza umana” (imbecillitatis humanae) credere ad un numero indefinito di dèi, afferma tuttavia che:

«Cosciente della sua debolezza, l’uomo ha suddiviso [Dio] in molteplici parti in modo da venerare, nelle varie parti, quello di cui ognuno a seconda delle circostanze aveva maggiormente bisogno. Per questo motivo troviamo nomi diversi a seconda delle nazioni e, presso il medesimo popolo, un numero incalcolabile di dèi» (1).

Nella Tradizione indù, che per definizione contempla la Realtà Divina come Uno pur tollerando un “apparente” politeismo, questo concetto è pacificamente accettato ed espresso con semplice chiarezza negli stessi libri sacri dei Veda: 

«Uno è la Divinità, ma i saggi la chiamano con nomi diversi.» (2)

Anche nella Tradizione ellenica, perlomeno per quanto riguarda le divinità supreme, il loro essere nient’altro che “manifestazioni” di un Principio unico è piuttosto evidente: il fatto che Atena nasca dalla mente di Zeus, ad esempio, non è infondo nient’altro che un modo per affermare che Ella è la manifestazione della mente divina, che Ella è la mente divina.

La Divinità, proprio perché Uno, può altresì prodursi in infinite forme e assumere infiniti Nomi adattandosi ai ricettacoli umani verso i quali si manifesta (questo è anche il “mistero” dell’esistenza di molteplici Religioni).

Il linguaggio antropomorfico con il quale spesso gli uomini rivestono le immagini della Divinità, le apparenti “chiusure” e ristrettezze proprie alle varie teologie, sono anch’essi dei veli che, per quanto a volte limitanti, permettono tuttavia all’uomo di approcciarsi all’Infinità divina o almeno ad alcuni dei suoi aspetti. In assoluto, pertanto, il cosiddetto “politeismo” è solo un’interpretazione estrema e “volgare” delle infinite possibilità e personalità con le quali il Divino si manifesta.

Nello specifico della Tradizione ellenica, tuttavia, il concetto di “dei”, di theòi, possiede molte sfumature di significato, alcune delle quali potrebbero apparire sconcertanti se non comprese nel loro originario significato.

Nella prima lettera indirizzata ai cristiani di Corinto, l’apostolo Paolo scrive che: 

«I sacrifici dei pagani sono fatti a démoni (δαιμονίοις) e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni (τῶν δαιμονίων)» (3).

Paolo era un deciso monoteista e il suo giudizio sulle religioni dei “gentili” non è dunque favorevole, ma tenendo presente che l’Apostolo conosceva molto bene la lingua greca e si rivolgeva a degli Elleni, il senso dell’affermazione non è affatto, come spesso ritenuto dagli esegeti dei secoli posteriori, che i popoli pre-cristiani praticassero una sorta di satanismo di fatto.

Il termine démone (δαίμων) possiede infatti una serie di significati quanto mai complessi e spesso affascinanti.

Il démone può a volte essere identificato anche con una creatura “intermedia”, una sorta di entità che si pone a metà tra il mondo grossolano e quello propriamente divino e che, in qualche misura, può essere assimilato con la dimensione degli “esseri intermedi” di cui è ricchissima la cosmologia dei popoli di mezzo mondo. Tali “esseri intermedi” sono indicati come entità animiche, sottili, né materiali né propriamente spirituali, che presiedono a volte agli elementi naturali o a certi luoghi (foreste, fiumi, aria, oceani). Nel folklore delle terre del nord Europa sono i Faires, gli Sìde celtici, le Fate e le creature “magiche” delle nostre fiabe e che nella cultura esoterica occidentale sono indicati come Elementali. Tali esseri possono essere sia benevoli che malvagi, entrano a volte in contatto con gli uomini e sono dotati di alcuni poteri e, proprio per questo, è sconsigliato di entrare “in commercio” con loro.

Nella stessa Bibbia ebraica, si parla degli Shedìm, esseri sottili (costituiti di aria e di fuoco) (4): sono visti come creature “ambigue”, posti tra gli Angeli e gli uomini. Sostanzialmente identici sono, nella Tradizione islamica, i jinn, anch’essi visti come esseri del mondo intermedio, che possono essere fedeli a Dio ma anche schiavi di shaytàn (satana) e pertanto pericolosi per l’uomo.

Vien da sé che è proprio questa ambiguità del concetto di démoni che ha portato, in alcuni casi, all’identificazione sic et simpliciter di essi con i demòni, le entità impure e malefiche anch’esse conosciute in pressocché tutte le tradizioni, dal diavolo della visione cristiana ai tenebrosi asura della Tradizione indù.

Nel senso più alto, tuttavia, i démoni vengono anche assimilati a creature potenti e benevole. Stoici e Neoplatonici definiscono come démoni entità sostanzialmente sovrapponibili agli “angeli custodi” delle Religioni monoteiste.

Diogene Laerzio scrive: 

«Gli stoici dicono, poi, che esistono anche alcuni dèmoni che hanno simpatia per gli uomini, che vigilano sulle cose umane, e anche che esistono eroi, ossia le anime sopravvissute dei virtuosi.» (5) 

L’ultimo di questi significati apre l’orizzonte ad un particolare senso del termine δαίμων che è forse il più affascinante e che identifica il dèmone con la stessa anima umana, col suo “essere profondo”, col carattere spirituale della persona e persino con la sua condizione nel post-mortem, specie se si tratta di uomini virtuosi e beati.

Secondo Esiodo, sono detti démoni quegli esseri dell’età dell’oro che, non essendo decaduti ed essendo rimasti virtuosi, divennero dopo la morte i “protettori degli uomini” dei cicli successivi (6).

Il concetto di “divino” nella Tradizione ellenica è dunque meravigliosamente complesso e possiede tante di quelle sfumature da rendere difficile una sua schematizzazione. Gli dei sono divini, ma il Dio che è al di sopra di tutti gli dei lo è nel senso più assoluto; eppure, anche gli esseri che stanno “fra Cielo e terra” e le anime, e gli eroi, partecipano del divino.

Ed epiteti come il divino Odisseo, Nausicaa divina o Circe divina non sono affatto solo formule poetiche. 

-----------------------------------

ATENA, HERMES E POSEIDONE

L’Odissea è dominata dal potere delle divinità e alcune di esse, in particolar modo, sembrano ricoprire una funzione particolare: esse sono Atena, Hermes e Poseidone.

Atena è la Sapienza Divina e il suo nome antichissimo ricorre financo in alcune tavolette micenee ritrovate a Cnosso (7). Proprio in riferimento al ruolo di tale divinità nei poemi omerici, Platone, nel Cratilo, si spinge ad offrire una possibile interpretazione del nome che, al di là della sua verosimiglianza, è altamente significativa. Per Platone, infatti, Atena significa la “mente del Dio”, la personificazione della sapienza divina (8).

Anche il culto di Hermes è antichissimo e il suo nome si ritrova in numerose tavolette micenee sia a Cnosso che a Pilo. Hermes è il λόγος, la Parola divina che viene rivolta agli uomini ed è, al tempo stesso, il mediatore, l’inviato, l’ἄγγελος - l’angelo, il messaggero – con parallelismi innumerevoli in tutte le Tradizioni spirituali dell’umanità (la stessa analogia con certe caratteristiche del Cristo è davvero evidente). Particolare interessante, Hermes è visto anche come psicopompo, ovvero “guida delle anime”, non solo in questa vita ma anche nel post-mortem (proprio nell’Odissea, si ritrova il dio che guida verso l’Ade le anime dei proci uccisi da Odisseo).

Hermes è l’unica divinità alla quale è concesso di viaggiare liberamente dal Cielo alla terra fino agli inferi ed è lui che salva Odisseo e lo assiste in alcune delle prove umanamente impossibili che l’eroe deve affrontare. Non a caso, in età tardo-antica, la figura di Hermes verrà assimilata a quella del dio egizio Thot, il dio dell’iniziazione che presiede al Cammino spirituale (da cui il termine ermetismo per indicare alcune scuole di pensiero iniziatiche (9) ).

Persino nelle Religioni monoteiste, vi è chi ha assimilato la figura di Hermes con lo “spirito della profezia”: nella Tradizione islamica, soprattutto sciita, Hermes è spesso identificato con le figure bibliche e coraniche di Elia ed Enoch, coloro che, secondo la tradizione, non conobbero la morte ma furono “assunti vivi” da Dio per dover tornare, alla fine dei tempi, nel momento della battaglia finale tra le forze della luce e quelle dell’Anticristo.

Poseidone al contrario è il grande antagonista di Odisseo, la cui presenza è tuttavia necessaria affinché si compia il Sacro Viaggio.

In epoca micenea, è una delle divinità il cui nome è maggiormente rintracciabile nelle iscrizioni, soprattutto in quelle ritrovate a Pilo.

Poseidone è identificato di solito come “dio del mare”, ma in realtà rappresenta molto di più. Il suo epiteto più antico, Enosigeo, ovvero lo “scuotitore della terra” - ancor più nella variante Enosìctono, “colui che scuote la terra (profonda)” – lo qualifica come l’entità che presiede non solo agli “abissi” marini ma a tutte le potenze occulte e in qualche modo tenebrose della natura: egli è il Signore delle Profondità, di ciò che l’uomo non può gestire o che solo a fatica può imparare a conoscere e dominare.

La sua qualifica di “signore dei cavalli” è, da un certo punto di vista, assolutamente significativa: il cavallo è il destriero che conduce il cavaliere e senza il quale il viaggio sarebbe impossibile, ma è anche la bestia che va domata, va addomestica grazie all’intelletto.

In questa prospettiva, è impossibile non riandare con la memoria al mito platonico della biga condotta da due cavalli (10): uno, il cavallo bianco, che rappresenta le virtù e che conduce l’anima verso l’Iperuranio e il mondo divino; l’altro, il cavallo nero, che rappresenta le passioni inferiori e che, se non imbrigliato e dominato, trascinerà l’anima verso il basso.

La sfida tra Odisseo e Poseidone, al di là dell’episodio anch’esso estremamente simbolico dell’accecamento del figlio Polifemo, è dunque soprattutto la sfida che l’uomo in Cammino deve lanciare alle forze inferiori e abissali che vorrebbero sviarlo e travolgerlo; fino a quando tuttavia queste stesse forze non saranno anch’esse domate e reintegrate nell’essere.

La vera realizzazione spirituale, infatti, non consiste nel distruggere le forze inferiori, ma nel conoscerle e sublimarle. Nelle immagini cristiane, la Vergine Maria tiene sotto i suoi piedi la Luna – che rappresenta in questo caso i mutamenti e le fasi del mondo inferiore – ma non la distrugge, anzi, ne fa “sgabello dei suoi piedi”. Così anche Odisseo, per compiere l’atto conclusivo della sua Opera, dovrà infine fare pace col Signore degli Abissi, così come profetizzato da Tiresia nell’Ade:

«Ma (una volta tornato ad Itaca) prendi allora il maneggevole remo e và, finché giungerai da uomini che non sanno del mare, che non mangiano cibi conditi dal sale, che non conoscono navi dalle gote purpuree (…) e offri lì sacrifici a Poseidone sovrano». (11)

 


************

 


1) Plinio il Vecchio, Naturalis historia, 2, 14-16 

2) Rig-veda I 164, 46

3) 1Corinzi, 10, 20

4) Vien da sé che gli Elementi che costituiscono il mondo secondo le dottrine tradizionali – ovvero Fuoco, Aria, Acqua e Terra – non sono semplicemente identificabili con i loro equivalenti grossolani. Si tratta, piuttosto, dei “principi” sottili che danno origine agli elementi terreni.

5) Vite e dottrine dei filosofi illustri, VII, 151

6) «Poi, dopo che la terra questa stirpe ebbe coperto, essi sono, per volere del grande Zeus, dèmoni propizi, che stanno sulla terra, custodi dei mortali, e osservando le sentenze della giustizia e le azioni scellerate, vestiti di aria nebbiosa, ovunque aggirandosi sulla terra, dispensatori di ricchezze: questo privilegio regale posseggono» (EsiodoLe opere e i giorni, Bompiani, Milano 2009, pag. 185).

7) Le più antiche attestazioni del nome di Atena si ritrovano in alcune tavolette cretesi scritte in Lineare B (Kn V 52 - testo 208 in Ventris e Chadwick) come "A-ta-na-po-ti-ni-ja", "/Athana potniya/" (la Signora Atena o la Signora di Atene?) e "A-ta-no-dju-wa-ja", "/Athana diwya/" (La Divina Atena).

8) «Pare che gli antichi riguardo ad Atena la pensassero allo stesso modo di come oggi fanno i bravi critici di Omero. Infatti la maggior parte di loro, studiando il poeta, sostengono che in Atena abbia voluto personificare il nous e la dianoia, ovvero la mente e il pensiero, e similmente sembra aver ragionato colui che le assegnò i nomi; addirittura, appellandola con ancor maggiore solennità theou nesis (mente del Dio) dice che è la theonoa, ovvero la mente divina, servendosi della lettera alfa al posto della lettera eta come fanno gli stranieri (…). Era assai poco distante dal chiamarla Ethonoe, dato che è colei che come indole ha il pensiero en thoi ethei noesis» (Cratilo, 407b).

9) Nella lingua italiana, il termine ermetico, che indica qualcosa di “chiuso” e di “impenetrabile”, deriva per analogia proprio dalle dottrine “segrete” dell’ermetismo che, come è il caso di ogni dottrina esoterica, erano per definizione ritenute non rivelabili e nemmeno comprensibili ai profani.

10) Platone, Fedro, 246

11) Odissea, XI, 118-130

 

Commenti

Post popolari in questo blog

I SEGNI DELLA FINE DEI TEMPI NELLA TRADIZIONE CRISTIANA (di Gianluca Marletta)

LA DOTTRINA DELLA TRASMIGRAZIONE NEL CRISTIANESIMO E NEI MONOTEISMI ABRAMITICI (di Gianluca Marletta)

QUANDO L’ULTIMO MONDO FU DISTRUTTO: ATLANTIDE, I GIGANTI E I NEPHILIM (di Gianluca Marletta)