IL MISTERO DI MARIA (di Gianluca Marletta)

IL MISTERO DI MARIA (di Gianluca Marletta)
La figura della Vergine Maria é una delle più care al Cristianesimo ed è venerata anche nell'Islam. Ma la prospettiva devozionale non esaurisce il Mistero di una figura che manifesta un aspetto fondamentale del Divino stesso.

A partire dal significato del nome Maryam nelle lingue semitiche e dalle caratteristiche di questa sacra figura così come delineate nel Vangelo e nella tradizione, emerge una verità più profonda: Maria é la manifestazione dell'attributo divino della Misericordia: é il Femminino Sacro nella sua più eccelsa realizzazione, quello che nelle lingue semitiche é uno dei Nomi stessi di Dio: REHEM (םחר), la misericordia (che letteralmente significa "l'utero", la Femminilità presente in Dio stesso).  

P.s. Non è un caso che tutte le figure femminili che circondano la vita di Gesù portino questo sacro nome: non solo la Madre, ma anche Maria Maddalena e tutte le figure che si ritrovano "ai piedi della croce".

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(Dal libro: AA.VV., MISTERI MARIANI. IL ROSARIO PORTA DELLA SAPIENZA, Ed. Cantagalli)


IL MISTERO METAFISICO DI MARIA

Pur non negando l’importanza dei dati storici, tuttavia, quello che ci interessa maggiormente in questa sede è dimostrare come la figura di Maria (e di conseguenza la sua importanza nella Tradizione cristiana e cattolica) si fondi su principi metafisici e trascendenti che soli possono condurre ad una reale comprensione del Mistero.

Da questo punto di vista, è fondamentale mostrare come il Mistero di Maria sia inseparabile presupposto a quello di Gesù Cristo, del quale rappresenta un aspetto ontologicamente irrinunciabile, ben al di là delle sue successive ricadute devozionali. Se, infatti, quello di Maria non fosse un Mistero emanante dai Principi divini, avrebbero in qualche modo ragione i critici protestanti e progressisti a considerarlo un orpello poco importante se non addirittura un vero e proprio tradimento del Cristianesimo.

Per prima cosa, dunque, è necessario comprendere che Gesù e Maria, nel loro complesso, rappresentano una vera e propria Divina Endiade, un Mistero unico benché manifestato in due differenti figure: Mistero che, come vedremo più avanti, scaturisce in qualche modo dalla Natura stessa della Divinità, la quale comprende in Sé, ab aeterno, anche il Principio della Femminilità.

Il Mistero di Cristo è quello dell’Incarnazione del Logos, ma questo Mistero non potrebbe manifestarsi nel mondo senza il Mistero della Mater, della Materia Prima in cui si compie quest’Opera di redenzione e trasmutazione dell’Universo intero.

Questo Mistero si manifesta fin nel Nome di Maria che, come tutti i nomi presenti nelle Scritture, è tutt’altro che casuale e rivela al contrario la Natura profonda dell’essere destinato a portarlo. Il nome semitico Mariam, infatti, (in ebraico MRIM, omettendo le vocali che, come noto, non vengono scritte in tale lingua - מִרְיָם) è esso stesso un vero e proprio simbolo e “geroglifico” indicante ciò che Maria rappresenta nell’Opera divina. La lettera M (mem) è infatti l’ideogramma che indica la passività universale, la pura ricettività, la Femminilità sacra, simboleggiata nella cosmologia del Genesi dalle acque su cui lo Spirito di Dio “soffiava” al momento della Creazione. Ora, come le Acque primordiali furono la materia prima della Creazione, così Maria è stata la materia prima di quella “nuova creazione” che è l’Incarnazione del Cristo, nuovo Adamo e principio della Creazione nuova. Al tempo stesso, la lettera R (resh) indica il dispiegamento dell’energia divina, dello Spirito Santo che, fin dal principio, aleggia sulle acque. Quindi il nome MaRIaM non è altro che una traduzione dell’atto creativo, nello specifico il nuovo atto creativo che darà origine, a partire dal Cristo, alla Nuova Creazione tutta santa e benedetta e al nuovo Eden.

Maria è infatti, secondo la sapiente simbologia dei Padri, “nuova Eva” e “nuovo Eden”: materia pura (questo il significato dell’Immacolata Concezione), dove il Nuovo Adamo germoglia “senza iniziativa umana”.

Lo stesso aspetto della Verginità di Maria, pertanto, lungi dall’essere giustificazione per un certo moralismo sessuofobico, ha la sua ragion d’essere metafisica nell’essere il Cristo il principio di un mondo nuovo: principio del “ciclo celeste” della nuova umanità che non poteva essere generato “da volere di carne” rappresentando Egli una cesura netta col mondo decaduto e corrotto del “vecchio Adamo”, che si perpetua di generazione in generazione. Anche la Materia Prima da cui genera il Cristo, dunque, non poteva essere di questo mondo, pur essendosi incarnata “nel mondo” allo scopo di salvarlo e trasfigurarlo.

REHEM: L’UTERO DIVINO, PRINCIPIO DEL FEMMININO SACRO

La Mater, la “materia prima”, il principio del Femminino presente in ogni aspetto della creazione ma che Maria incarna eminentemente, non va tuttavia considerato alla stregua di una realtà contingente o semplicemente legato all’universo creato. Ogni realtà esistente al mondo, infatti, non è che il riflesso più o meno diretto di un Archetipo, ovvero di un Principio presente da sempre nel Logos Divino.

Nella Bibbia, tale principio si identifica con la Misericordia: la Misericordia di Dio, infatti, altro non è che la manifestazione del suo aspetto – se così di può dire – “femminile": è il “volto” che si rivolge verso le creature che è anche la potenza creatrice stessa.

Questo significato profondo, che nelle traduzioni in lingue non semitiche difficilmente traspare, è invece evidentissimo in ebraico: il termine Rehém (םחר), infatti, significa al tempo stesso “misericordia” e “utero”; l’Utero divino dove le creature sono concepite ab aeterno e che è, al tempo stesso, sede della Misericordia verso di esse.

Ancor più evidente e forte è il significato del ricorrente termine Rahamîm, formato da rehem e mayim (םימ) “acque”, e generalmente tradotto come “viscere della Misericordia”. Il termine si ritrova, ad esempio, nel meraviglioso passo di Isaia 49,15, dove la Provvidenza divina assume caratteristiche esplicitamente materne: 

«Si dimentica forse una mamma del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro ti dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai».

Da questo punto di vista, ritornando a Maria come manifestazione eminente del Rehèm e del Rahamîm, è interessante ricordare ancora una volta come il nome Mariam (םרימ), sia composto dalle stesse lettere di rahamîm salvo la lettera het. La het, è altresì presente due volte nel Nome di Dio (יַהְוֶה‎, generalmente pronunciato Yahveh), che per l’ennesima volta mette in luce la straordinaria “simbolicità” del nome santo di Maria: l’Utero portatore del Verbo.

L’aspetto della Misericordia così di frequente attribuito a Maria dalla Tradizione non è, dunque, solo un semplice e affettuoso attributo devozionale, ma rimanda profondamente alla sua natura la quale, a sua volta, è manifestazione in terra di uno dei più importanti attributi divini.

Ritornando al simbolismo dell’Utero, è interessante vedere come esso rimandi anche visivamente – al pari del simbolismo del Cuore – all’immagine della Coppa: questo aspetto può aiutare ad intuire anche per quali ragioni, nelle saghe medievali e cavalleresche del Graal, il simbolo della Sacra Coppa sia così strettamente legato a quello della Dama e, eminentemente, alla Vergine Maria come patrona speciale della Cavalleria. In una prospettiva o in un’altra, infatti, è sempre della stessa Realtà divina che si sta parlando: Rehém, l’aspetto “materno” della Divinità.

Inoltre, tenendo presente che ogni realtà, foss’anche la più terrena, è pur sempre una manifestazione di un Archetipo trascendente, la presenza in Divinis del principio della Femminilità spiega anche, in maniera ben più profonda di quanto non possano fare le spiegazioni più grossolane, tutto il potere e il misterioso fascino che la stessa sessualità induce nell’essere umano (e, più universalmente, nella creazione in quanto tale). Per paradossale che possa sembrare, si può serenamente dire che, quando l'uomo ricerca il Femminino - persino nella modalità più grossolana - è pur sempre Rehèm che sta cercando, indipendentemente dal grado di coscienza o di ignoranza del singolo. L'Utero divino che è l'abisso superiore sede della Misericordia, della Bellezza e della Beatitudine, luogo delle Acque vive che guariscono e risuscitano.


Qui come in ogni altro caso, infatti, dobbiamo tener presente che nessuna realtà è in sé portatrice di impurità, e che non vi è nulla di impuro nella creazione al di fuori della prospettiva profana, dualistica, separatrice e dia-bolica che non sa riconoscere, e non sa ricondurre, i vari aspetti della realtà al loro Principio (è questo e non altro l’albero della conoscenza del bene e del male, ovvero della conoscenza dualistica e scissa, di cui parla la Genesi).

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