I SEGNI DELLA FINE DEI TEMPI NELLA TRADIZIONE CRISTIANA (di Gianluca Marletta)
I SEGNI DELLA FINE DEI TEMPI NELLA TRADIZIONE CRISTIANA
(di Gianluca Marletta)
L’apocalittica è tornata
“di moda” per ragioni culturali e di attualità, sia all’interno che al di fuori
del “mondo cristiano”. Proprio per questo, nel florilegio sempre più
incontrollabile di interpretazioni, messaggi, rivelazioni di veri o presunti
“veggenti” annuncianti il compimento dei “tempi finali”, ci sembra più che mai
importante fare chiarezza a partire essenzialmente dalle sue fonti scritturali e
dalle Tradizione.
TESTI DI RIFERIMENTO
DELL’APOCALITTICA CRISTIANA
Prima di entrare nel vivo
delle tematiche da affrontare, ci sembra necessario inserire un breve vademecum sui testi di carattere
profetico-apocalittico presenti nel Nuovo Testamento.
Questi possono
compendiarsi nei seguenti gruppi:
-
I passi “apocalittici” ed
“escatologici” presenti nei Quattro Vangeli canonici, primo fra tutti il
lungo Discorso Escatologico presente
al cap. 24 del Vangelo di Matteo e quelli, paralleli, presenti in Marco e Luca.
-
I riferimenti sparsi nelle Lettere
Apostoliche – soprattutto in quelle attribuite a Paolo e Giovanni.
-
Un discorso a parte merita il Libro
dell’Apocalisse attribuita a San Giovanni Apostolo, ultimo libro del Nuovo
Testamento. Questo libro, che ha dato il nome stesso alla letteratura
“apocalittica”, è caratterizzato da un complesso e non di rado criptico
linguaggio simbolico. Complessa –e non riassumibile in questa sede- è anche la
storia dell’esegesi del libro. C’è persino chi, in epoche recenti, ha
sostanzialmente negato il valore escatologico dell’Apocalisse, sostenendo che
essa contenga, in realtà, solo una metafora delle persecuzioni e delle
tribolazioni subite dalla comunità cristiana nel I secolo. Tuttavia, negare
l’intenzione escatologica del libro significa, di fatto, negare le parole
stesse dell’autore, che nel suo incipit
afferma esplicitamente di voler trattare «le cose che debbono accadere»[1]
e, al tempo stesso, negare quel principio esegetico tradizionale che è il
valore “simbolico” degli eventi storici; per cui, un evento particolare può
assumere il significato di anticipazione e figura degli eventi
escatologici (l’esempio più evidente, nei Vangeli, sono le previsioni sulla
caduta di Gerusalemme, concretamente avvenuta nel 70 ad opera dei Romani, i
quali si mescolano molto spesso indissolubilmente a riferimenti apocalittici.
La Caduta di Gerusalemme, infatti, diviene il “modello” simbolico anche per gli
eventi che accadranno alla fine dei tempi).
I SEGNI DELLA FINE
L’apocalittica cristiana contiene delle costanti che
si ripropongono costantemente: sono quelli che, a tutti gli effetti, possono
definirsi come i “segni” annunzianti la fine dei tempi. In concreto,
potremmo riassumerli nei seguenti punti:
-
L’APOSTASIA DELLE GENTI
La
tradizione cristiana è univoca nell’affermare che la fine dei tempi verrà
annunciata da una drammatica crisi spirituale a cui andrà incontro l’umanità
ultima. Nessuna prospettiva “progressista” della storia può, dunque,
conciliarsi con la visione escatologica cristiana. Del resto, é lo stesso Gesù,
nei Vangeli, a chiedersi in prima persona: «il Figlio dell’Uomo quando verrà,
troverà la fede sulla terra?»[2].
A
partire dall’insegnamento del Maestro, gli Apostoli hanno approfondito, con
dovizia di particolari, quello che sarà lo “scenario umano” dei tempi finali.
Così, ad esempio, San Paolo descrive una società dove la fede è stata
abbandonata –senza religione-
sostanzialmente dominata dall’animalità e dalle passioni inferiori: «Devi anche
sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno
egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai
genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti,
intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati
dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio»[3].
Sempre
Paolo, nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi, parla esplicitamente del
“rinnegamento della fede” che caratterizzerà i Tempi Ultimi, arrivando ad usare
il termine «apostasia»[4]
(rinnegamento) che sarà uno dei segni della Fine. Il parlare di apostasia,
d’altronde, implica che Paolo prevede un momento in cui la fede cristiana sarà
prima largamente “accettata” e poi apostatata, poiché è evidente che non si può
apostatare da qualcosa che non si è precedentemente posseduto.
Questa
apostasia, unita alla perdita d’ogni riferimento spirituale solido, renderà i
tempi finali un momento in cui regnerà un relativismo totale: «Verrà un tempo,
infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma gli uomini si
circonderanno di una folla di maestri secondo i propri capricci, facendosi
solleticare le orecchie, e storneranno l’udito dalla verità per volgersi alle
favole»[5].
Questo
scenario di disordine e di confusione sarà però solo lo sfondo su cui si
manifesteranno eventi ancor più drammatici, che rappresenteranno, per così dire,
l’humus sul quale metterà radici il regno
dell’Anticristo.
-
LO SCONVOLGIMENTO NELL’ORDINE DELLA
NATURA
Nella
visione biblica e, in genere, tradizionale della realtà, l’uomo e il cosmo sono
considerati realtà strettamente interdipendenti (si veda l’episodio della
“caduta di Adamo” in Genesi). Contrariamente a quanto sono portati a pensare i
moderni, dunque, la disarmonia o il “peccato” del singolo non appartengono solo
alla realtà “personale” dell’individuo – e nemmeno solo alla dimensione sociale
- ma possiedono addirittura, per vie sottili ed invisibili, il potere di
coinvolgere e sconvolgere il cosmo. Così, secondo la tradizione apostolica e quella
patristica successiva, sarà inevitabile che la decadenza spirituale dei Tempi
Ultimi non “contagi” anche il mondo della natura e dell’infraumano.
Nei
Quattro Vangeli si trovano solo accenni fugaci agli sconvolgimenti dell’ordine
naturale; fra tutti, è soprattutto il Vangelo di Luca quello che vi si sofferma
maggiormente. In un contesto di generale caos umano e sociale – «sentirete
parlare di guerre e rivoluzioni»[6]-
Gesù profetizza anche che: «Ci saranno dappertutto terremoti, carestie e
pestilenze: vi saranno anche fenomeni spaventosi e segni grandiosi dal cielo»[7];
e inoltre: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; e sulla terra
angoscia di popoli in preda allo smarrimento per il fragore del mare e dei
flutti. (…) Le potenze dei cieli saranno scosse»[8].
Nel
linguaggio fortemente simbolico dell’Apocalisse di Giovanni, gli sconvolgimenti
cosmici dei Tempi Ultimi sono visti come altrettante punizioni divine verso i
peccati dell’uomo. Nei cap. VIII e IX, infatti, troviamo l’immagine degli
angeli che suonano le sette trombe ad ognuna delle quali corrisponde un flagello
che si abbatte sulla natura sconvolgendola e avvelenandola. La causa prima
di tali sconvolgimenti, tuttavia, è l’uomo stesso che si è allontanato da Dio. Al
cap.
Le
catastrofi, sia sul piano umano che naturale, non sono tuttavia un male fine a
se stesso; sono anzi il segno che Dio è prossimo ad operare la più grande delle
sue opere, la trasformazione finale del mondo. Ed con queste parole, infatti,
che Gesù annunzia la speranza ultima ai suoi Apostoli: «Ma quando cominceranno
ad accadere tutte queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione é vicina!»[10].
-
L’AVVENTO DELL’ANTICRISTO
Nel
Nuovo Testamento, la figura comunemente chiamata “anticristo” è presente con
diversi appellativi – l’uomo
dell’iniquità, il figlio della
perdizione, l’iniquo, la bestia o, appunto, l’Anticristo,
termine quest’ultimo presente solo nelle lettere di Giovanni[11].
Generalmente identificato come una figura storica – o con un movimento storico,
o ambedue le cose - destinata a manifestarsi nei Tempi Ultimi sotto forma di un
dominio universale che diffonderà una falsa religiosità su tutta la terra e
combatterà i credenti in Cristo, l’Anticristo deve essere visto, innanzitutto,
come un falso Cristo, una parodia del
Cristo vero che, prima del vero ritorno del Messia, si dissimulerà davanti agli
occhi degli uomini, ingannandoli. Come afferma San Paolo: «Prima infatti dovrà venire
l’apostasia e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione,
colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è
oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come
Dio»[12].
Anche
nell’Apocalisse di Giovanni, questa figura possiede le caratteristiche
“mimetiche” del perfetto ingannatore, di una forza di tenebra che non si
presenta come tale ma come apparenza di luce: «Aveva due corna come un agnello
(simbolo di Cristo, n.d.a.) ma parlava come un drago»[13].
Questa caratteristica parodistica e persino
grottesca dell’anticristo, è comprensibile solo alla luce della visione
cristiana e tradizionale della realtà e, in particolar modo, di quella realtà
effimera ma terribile che è il male. Di fatto, nella tradizione cristiana
quello che noi chiamiamo “male” è, metafisicamente parlando, un nulla. Il male,
cioè, non è una forza contrapposta al bene quasi che possa situarsi sullo
stesso piano, ma, tutt’al più, una mancanza
di bene o, meglio ancora, un aspetto parziale della realtà. Pertanto,
essendo un nulla, il male non può
creare nulla e pertanto, il culmine che esso può raggiungere concretamente, è
quello di essere ombra del bene,
contraffazione, Satana simia Dei, come
afferma la teologia cristiana[14].
L’Anticristo è innanzitutto il “grande
seduttore”: nel contesto dei tribolati e decadenti Tempi Ultimi, egli
rappresenta la personificazione stessa dello spirito dell’epoca, colui che
porta a compimento le “istanze” di degrado morale e spirituale che la
caratterizzeranno. Per questo, per il suo essere in sintonia coi tempi, egli conoscerà un seguito sterminato; come
descrive l’Apocalisse: «Alla bestia fu data una bocca per proferire parole
d’orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì
la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la
sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. (…) L’adorarono tutti gli
abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita»[15].
-
LA RELIGIONE DELL’ANTICRISTO E IL SUO
DOMINIO UNIVERSALE
Per poter divenire realmente parodia del
Cristo, l’anticristo dovrà manifestarsi, paradossalmente, come una figura
con caratteristiche religiose. Se è vero, infatti, che egli si manifesta in
un’epoca “senza religione” e si
contrapporrà ad “ogni essere che viene
detto Dio o è oggetto di culto”, questo avverrà però solo perché il suo
scopo vero è quello di “innalzarsi” al
di sopra di tutto, “additando se stesso
come Dio”. Da questo punto di vista, egli incarnerà perfettamente
quell’anelito satanico a “farsi dio”
che già abbiamo visto essere causa della Caduta di Adamo.
Nell’ambito di questa parodia religiosa,
peraltro, un’importanza fondamentale la avranno i cosiddetti “prodigi”:
ed è questo un aspetto su cui ritornano con grande frequenza sia dagli autori
del Nuovo Testamento che i primi Padri della Chiesa. Come Cristo, infatti, si è
manifestato agli uomini anche
attraverso i segni miracolosi, così pure l’Anticristo si adombrerà di un’aura
prodigiosa. Nel Vangelo di Matteo, è lo stesso Gesù che ammonisce i discepoli
riguardo ai futuri “falsi profeti” affermando, tra l’altro che essi «faranno
grandi portenti e miracoli così da indurre in errore, se possibile, anche gli
eletti»[16].
San Paolo, da parte sua, afferma anche che «la sua venuta (dell’Anticristo
n.d.a) avverrà nella potenza di Satana, con ogni sorta di portenti, di segni e
prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno»[17].
I prodigi dell’Anticristo, tuttavia,
saranno solo in apparenza identici a quelli di Cristo: perché mentre i miracoli
di Gesù sono il riflesso della sua potenza divina, i portenti dell’anticristo –
che, con un’espressione moderna, potremmo definire facoltà paranormali - non saranno altro che il riverbero di una
magia infernale spettacolare quanto vana; e sarà solo a causa dell’incapacità
di discernimento dell’umanità coeva che l’Ingannatore potrà esercitare un tale
potere seduttivo.
L’analogia
inversa tra Cristo e l’Anticristo, non si esaurisce ai prodigi. Alla Gerusalemme celeste promessa da Cristo,
l’Anticristo opporrà lo scenario di una Gerusalemme
terrestre centro del suo dominio universale e di un regno “invertito”
universale. Il regno effimero ma terribile dell’Anticristo non comprenderà
infatti un solo popolo, ma tutte le stirpi e tutte le genti, quale parodia
perfetta del Regno promesso da Cristo a
“tutte le genti”: e questo “potere mondiale” è simbolicamente descritto,
nell’Apocalisse, con l’immagine della Grande Babilonia, la prostituta dominatrice del mondo, sulla
cui descrizione influiscono, con evidenza, immagini di realtà coeve all’autore[18].
L’autore dell’Apocalisse descrive la base del potere dell’anticristo e del
successo di Babilonia nella capacità di controllare la ricchezza e
l’economia: «Si adoperava, inoltre, che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e
poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla destra o sulla fronte un
marchio, e che nessuno potesse comprare o vendere se non portava il marchio, il
nome della bestia o il numero del suo nome»[19]. Un potere, dunque, fondato sul controllo
universale degli scambi e della ricchezza e, per questo, apparentemente
intangibile e indistruttibile.
LA PARUSIA DEL CRISTO
Nelle Scritture è anche variamente descritta la
battaglia escatologica – Armagheddon – che opporrà le forze
anticristiche all’”accampamento dei Giusti”; e tuttavia, solo al Cristo del
secondo avvento (Parusia) è destinata la vittoria sull’Empio.
Malgrado il suo potere, infatti, il regno
dell’Anticristo è pur sempre una creazione del tutto illusoria, perché basato
sulla negazione dell’Essere. Ora, essendo la negazione dell’Essere
(senza il quale, per l'appunto, nulla può esistere) una possibilità
irrealizzabile, è evidente che la “grande parodia” dell’Anticristo non potrà
mai essere altro che una realtà instabile e, in ultima analisi, effimera. Il
ritorno di Cristo, pertanto, metterà fine al regno dell’Iniquo istantaneamente;
e se per i Giusti permane il sacro dovere della lotta, solo al Giusto per
eccellenza sarà concessa la vittoria.
La vittoria del Giusto, come detto, sarà subitanea, e coinciderà con la Sua riapparizione. Proprio nel momento dell’apparente trionfo, infatti, il male sarà spazzato via:
«il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta»[20].
LE GRAZIE SPECIALI DEI TEMPI FINALI
Al di là della prospettiva “dualista”, pertanto, anche
i tempi ultimi con la loro “sovversione universale” vanno considerati come un
aspetto del Disegno divino: persino il regno terribile dell’Anticristo, in
quest’ottica, è “permesso” in vista di uno Scopo più alto. Lo stesso scontro
tra Cristo e l’Anticristo – pur reale e drammatico sul suo piano – non deve
essere inteso come il conflitto tra due forze alla pari, perché tale non è, non potendoci essere alcun
tipo di equivalenza tra l’Essere e il nulla.
E’ in questa prospettiva, peraltro, che va intesa
anche la questione delle grazie
straordinarie che devono essere erogate a beneficio degli uomini
dei Tempi Ultimi: grazie non attingibili in altri momenti del divenire storico, come
adombrato anche nel celebre passo di San Paolo che recita «dove abbonda il
peccato la Grazia sovrabbonda»[21]. La Bilancia
cosmica della manifestazione, infatti, non tollera squilibri in assoluto, e se
un’epoca di “tentazione” e smarrimento viene permessa è solo affinché si
manifestino possibilità spirituali superiori, difficili da attingere in altri
tempi.
Tra questi “doni finali”, un posto particolare avrà
la profezia, come annuncia il profeta Gioele: «Non temere, o
terra del paese, rallegrati, perché il Signore ha fatto cose grandi! (…) Dopo
questo, avverrà che io spargerò il mio spirito su ogni persona: i vostri figli
e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri
giovani avranno delle visioni. Anche sui servi e sulle serve, spargerò in quei
giorni il mio spirito»[22].
Accanto alle manifestazioni del falso spirito e del
falso profeta, dunque, lo Spirito di Dio si manifesterà ai giusti in maniera
mai vista prima, e persino la conoscenza spirituale aumenterà, in proporzione
all’apparente dominio dell’inganno e della falsità, come annuncia il Libro di
Daniele: «Ora tu, Daniele, chiudi queste parole e sigilla
questo libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro
conoscenza sarà accresciuta»[23].
Per questo, a coloro ai
quali è stato concesso l’onere e l’onore di sfidare le tenebre nei tempi finali,
sarà concessa anche una gloria più grande, poiché «essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e
hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello»[24].
Agli uomini dei Tempi
Ultimi, provati fin nell’intimo dalle sirene dell’inganno e della
mistificazione, è sufficiente infatti “rimanere in piedi” per dimostrare la
propria fede e fedeltà, e ad essi si riferiscono le parole dell’abate
Ischirione – padre del deserto – che interrogato dai suoi discepoli a motivo dei
Tempi Ultimi, così rispondeva loro: «Quella generazione a venire (l’ultima,
n.d.a.) non avrà nessuna buona opera. Ma vedo le loro tentazioni: e quelli che
avranno fatto le loro prove in quell’epoca saranno migliori di noi e dei nostri
padri»[25].
Anche per questo, «molti
fra gli ultimi saranno primi e i primi ultimi»[26].
[1]
Apocalisse 1, 1. Lo stesso concetto è ribadito al versetto 4, 1: «Sali quassù,
ti mostrerò ciò che dovrà accadere».
[2] Luca
18, 8
[3]
1Timoteo 3, 1-4
[4]
2Tessalonicesi 2, 3
[5]
2Timoteo 4, 3-4
[6] Luca
21, 9
[7] Luca
21, 11
[8] Luca 21, 25. Da questo punto di vista, interessante è l’accenno alle potenze del cielo sconvolte il che, se letto nell’ottica di una concezione cosmologica antica in cui ciò che avviene in terra è il riflesso di ciò che accade in cielo, vuol significare che l’ordine naturale delle cose sarà turbato nelle sue radici.
[9]
Apocalisse 11, 18
[10] Luca
21, 28
[11] Sono
solo tre i passi del Nuovo Testamento –tutti compresi nel corpus giovanneo- dove ricorre l’appellativo di “anticristo”:
1Giovanni 2, 22; 1Giovanni 4, 3;
2Giovanni 7.
[12]
2Tessalonicesi 2, 3-4
[13]
Apocalisse 13, 11
[14]«Satana
è la scimmia di Dio». Quest’espressione esprime il concetto per cui il male non
può far altro che parodiare il bene. Anche San Paolo afferma che «Satana si maschera da angelo di luce» (2Corinzi
11, 14).
[15]
Apocalisse 13, 4-8
[16]
Matteo 24, 23-24
[17]
2Tessalonicesi 2, 9-10
[18] E’
evidente, in alcuni punti dell’Apocalisse, come la descrizione della Grande
Babilonia risenta del confronto con
[19]
Apocalisse 13, 16-17
[20]
2Tessalonicesi 2, 7
[21]
Romani 5, 20
[22]
Gioele 2, 21-29
[23]
Daniele 12, 4
[24]
Apocalisse 7, 14
[25] Cit.
in C.Campo/P.Draghi (a cura di), Detti e
fatti dei Padri del deserto, Milano 1999, p. 131
[26]
Matteo 20, 16

Perfetto! Circa Roma annoterei che c'è anche la dantesca "Roma onde Cristo è romano" che è stato possibile al sommo poeta proclamare perché Cristo stesso ebbe a lodare, per ammonimento verso gli ebrei del suo tempo (aggiungerei anche verso quelli dei tempi successivi e di oggi), che la fede - tutta romana ossia gerarchica e militare - del centurione era più grande di quella della maggior parte degli israeliti.
RispondiEliminaQui siamo su un altro piano! Veramente valido e utile.
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